L’art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento), comma 1, lett. b), legge 7 agosto 1990, n. 241, ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell’ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere.
La stessa giurisprudenza ha poi precisato che i casi in cui è attivabile il soccorso istruttorio vanno tenuti distinti da quelli nei quali non di documentazione irregolare o carente si tratta, bensì di errore commesso dal privato nell’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198, ove è precisato che se l’errore è riconoscibile secondo le condizioni poste dalle disposizioni del codice civile per gli atti negoziali, ben può richiedersi all’amministrazione lo sforzo diligente di emendarlo autonomamente).
Il soccorso istruttorio, peraltro, ha portata generale e trova applicazione anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio, per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.
Ma quali sono allora concretamente i limiti dell’utilizzo del soccorso istruttorio nei concorsi pubblici?