L’assistenza che legittima il beneficio in favore del lavoratore, pur non potendo intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, deve comunque garantire al familiare disabile in situazione di gravità di cui all’art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992 un intervento assistenziale di carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione.
Pertanto, ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo. La Corte di Cassazione torna così a pronunciarsi in tema di abusi dei permessi ex lege 104/1992, ritenendo insussistente la giusta causa di licenziamento nella vicenda di un lavoratore che, durante la fruizione dei permessi per l’accudimento della moglie disabile, svolge una serie di attività (soggiorno presso una località marina insieme alla coniuge e accompagnamento del cane dal veterinario) ritenute dal datore di lavoro abusive del diritto di assistenza e, come tali, aventi rilevanza disciplinare.