Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza 4 giugno 2021 n. 4294, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale relativa alla mancata previsione di sanzioni a tutela della parità di genere in tali comuni.
L’articolo 71, comma 3-bis, del Dlgs 267/ 2000, pur avendo espressamente previsto che nelle elezioni di qualsiasi Comune «nessuno dei due generi può essere rappresentato in ciascuna lista in misura superiore a due terzi dei candidati ammessi», ha omesso di disciplinare le conseguenze della violazione dell’obbligo nei «Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti».
Viene pertanto sottolineato dal Consiglio che:
• la normativa vigente (articoli 71, comma 3-bis, del Tuel e 30, lettere d)-bis e e) del Dpr 16 maggio 1960 n. 570 «Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali») contempla, a seconda dei casi, due tipologie di sanzioni da applicare nel caso di violazione dell’obbligo di rappresentatività di genere (riduzione della lista dei candidati e ricusazione della lista per i Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e riduzione della lista dei candidati per i Comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti), ma lascia impunite le violazioni commesse nei due terzi dei Comuni italiani, ossia 10 milioni di abitanti (dati Istat al 20 febbraio 2021);
• la vacatio legis ostacola l’applicazione del Dlgs 198/2006 «Codice delle pari opportunità tra uomo e donna», il cui scopo è l’adozione di «misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale culturale e civile» ( articolo 1).