SANITÀ - RICORSO DI UN DIPENDENTE NEI CONFRONTI DELL'ASP

LICENZIATO IN TRONCO IL DIPENDENTE CONDANNATO PENALMENTE

Il Comune non è tenuto a riattivare il procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente ai fini del licenziamento prima dell’avviso formale della condanna penale. È irrilevante, pertanto, che l’ente locale abbia avuto conoscenza anteriore dell’esito del giudizio per essersi costituito parte civile.

Lo ha ricordato la Cassazione che ha respinto il ricorso di una donna licenziata senza preavviso dal Comune per fatti di peculato. La corte d’appello, confermando la decisione del primo grado, ha stabilito che il procedimento disciplinare si doveva considerare tempestivamente riattivato dovendosi avere riguardo alla comunicazione ufficiale da parte della Cassazione della condanna definitiva della dipendente, senza tener conto quindi della notizia avuta in precedenza circa l’esito del giudizio.

La pronuncia è stata quindi impugnata in Cassazione dove la lavoratrice ha sostenuto che l’ente locale si era costituito parte civile nel processo penale e, quindi, aveva avuto conoscenza legale della sentenza il giorno della lettura del dispositivo in udienza. Ne conseguiva che i termini per la riattivazione del procedimento disciplinare dovevano decorrere da quella data e non dalla comunicazione formale della sentenza penale all’ente locale.

La Suprema Corte, nel respingere la domanda, ha affermato che nessuna censura può essere mossa alla decisione di appello in quanto il collegio ha chiarito che l’articolo 55-ter del dlgs 165 del 2001, introdotto nel 2009, secondo cui il procedimento disciplinare che abbia a oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale, non trova applicazione nei procedimenti disciplinari aperti e sospesi prima della sua entrata in vigore, anche ove il procedimento venga ripreso e riaperto successivamente alla sua entrata in vigore. Inevitabile la condanna alle spese.

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 28822 del 4 ottobre 2022

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