La progressione di carriera dei dipendenti pubblici è regolamentata dall’articolo 52, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dal D.L. n. 80/2021, convertito nella legge n. 113/2021. Questo articolo stabilisce, per le assunzioni interne (fino a un massimo del 50% dei posti disponibili), una procedura comparativa che si basa su diversi criteri. Tra questi, figurano la valutazione positiva ottenuta dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, l’assenza di sanzioni disciplinari e il possesso di titoli o competenze professionali e di studio superiori a quelli richiesti per l’accesso dall’esterno, oltre al numero e alla tipologia degli incarichi ricoperti.
La recente sentenza n. 125 del 28 gennaio 2025 del T.A.R. di Firenze ha chiarito che il triennio menzionato non rappresenta un criterio di esclusione dalla procedura, ma un arco temporale imprescindibile per la valutazione delle performance individuali necessarie per la progressione di carriera.
La norma in questione prevede parametri oggettivi, come la valutazione positiva degli ultimi tre anni e l’assenza di provvedimenti disciplinari, che sono validi per tutte le amministrazioni. Al contempo, permette a ciascuna amministrazione di definire ulteriori criteri in base alle proprie necessità, stabilendo quali titoli o competenze valorizzare in relazione ai ruoli da coprire. La disposizione sembra, quindi, suggerire che gli elementi indicati siano parametri per valutare la professionalità, piuttosto che requisiti di esclusione. Infatti, la procedura è descritta come “basata” su tali elementi, il che implica che la mancanza di uno di essi non inficia la partecipazione, rendendo l’unico requisito formale il possesso del titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno, come indicato nel quinto periodo del comma 1-bis.
Resta da chiarire il significato specifico della “valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni”. Si deve stabilire se si debba considerare l’intero triennio come un’unica unità di valutazione o se, come sostenuto da alcune parti, debba limitarsi a circoscrivere il periodo da esaminare, senza richiedere una valutazione annuale per ciascun anno di servizio.
I Giudici hanno osservato che l’espressione utilizzata dal legislatore valorizza l’intero triennio lavorativo, poiché l’inciso “negli ultimi tre anni in servizio” implica che il dipendente debba essere stato in servizio per tutto il periodo. Non è quindi prevista la possibilità di valutare singolarmente ciascun anno, poiché sarebbe stata necessaria una specificazione che richiedesse almeno un anno di servizio nell’ultimo triennio.
La sentenza evidenzia che il dato testuale è coerente con l’intento della norma, la quale definisce criteri per accertare la professionalità del dipendente idonea per il passaggio a un’area superiore. La scelta di limitare la valutazione all’ultimo triennio rappresenta un compromesso equilibrato tra l’esperienza, intesa come anzianità di servizio, e il merito, rappresentato dalle valutazioni positive ottenute.
Questa interpretazione si allinea con la formulazione originale del comma 1-bis, che considerava “titolo rilevante” la valutazione positiva di almeno tre anni per l’attribuzione dei posti riservati agli interni nei concorsi per le aree superiori. I lavori preparatori del D.L. n. 80/2021 confermano che, in passato, era già richiesta una valutazione positiva per un triennio di servizio per l’inclusione nella quota di posti riservati agli interni.