LAVORO - INCENTIVO ASSUNZIONI UNDER 36 A TEMPO INDETERMINATO

PUBBLICO IMPIEGO – MATERNITÀ E INFANZIA, ASSEGNAZIONE TEMPORANEA DEI LAVORATORI DIPENDENTI ALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Nel caso di specie è denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 42bis, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001, là dove consente il trasferimento del dipendente pubblico solo presso «una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa» e non anche presso una sede ubicata nella stessa provincia o regione ove è fissata la residenza del nucleo familiare.

La Corte ha da tempo chiarito che le scelte del legislatore concernenti i criteri selettivi per il riconoscimento di benefici pubblici devono «essere operate, sempre e comunque, in ossequio al principio di ragionevolezza». Ciò è stato affermato anche in relazione a disposizioni che limitavano, in maniera irragionevole, l’ambito soggettivo di applicazione di permessi o congedi straordinari per l’assistenza di familiari (sentenze n. 232 del 2018 e n. 213 del 2016).

In tali casi, lo scrutinio di costituzionalità «va operato all’interno della specifica disposizione, al fine di verificare se vi sia una ragionevole correlazione tra la condizione prevista per l’ammissibilità al beneficio e gli altri peculiari requisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio» (così sentenza n. 133 del 2013; da ultimo, sentenza n. 42 del 2024): tale scrutinio deve svolgersi «secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai sensi dell’art. 3, primo comma, Cost., che muove dall’identificazione della ratio della norma di riferimento e passa poi alla verifica della coerenza con tale ratio del filtro selettivo introdotto» (sentenza n. 44 del 2020).

Nel caso in esame, il legislatore statale, nel consentire ai dipendenti pubblici di ottenere il trasferimento temporaneo solo «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa», ha introdotto un requisito che condiziona il concreto ambito di applicazione dell’istituto, anche sul piano soggettivo. In base a tale previsione, infatti, è stata esclusa in radice la possibilità di accedere al beneficio del trasferimento per quei dipendenti pubblici che hanno deciso di fissare la residenza familiare (ove vive il figlio minore) in una regione o provincia diversa da quelle in cui lavorano entrambi i genitori. Il trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici, proponendosi di favorire la ricomposizione dei nuclei familiari nei primissimi anni di vita dei figli, nel caso in cui i genitori si trovino a vivere separati per esigenze lavorative, è chiaramente preordinato alla realizzazione dell’obiettivo costituzionale di sostegno e promozione della famiglia, dell’infanzia e della parità dei genitori nell’accudire i figli.

Come è stato sottolineato anche dalla giurisprudenza amministrativa, il trasferimento temporaneo ha la «funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia», proteggendo quindi «i valori della famiglia, e più in generale della genitorialità, tutelati dall’art. 30 della Costituzione e dal successivo art. 31» (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 16 febbraio 2021, n. 1418).

A fronte di una simile dell’istituto, non risulta ragionevole consentire il trasferimento temporaneo del genitore che sia dipendente pubblico solo nella provincia o regione in cui lavora l’altro genitore: tale limitazione, infatti, si fonda sul presupposto per cui il figlio minore da accudire si trovi necessariamente nella medesima provincia o regione in cui è fissata la sede lavorativa dell’altro genitore.

La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 1, del decreto legislativo bis 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli minori fino a tre anni di età, possa essere disposto «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa», anziché «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella quale l’altro genitore eserciti la propria attività lavorativa».

Corte Costituzionale pronuncia_99_2024.pdf

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