Non è manifestamente irragionevole la scelta legislativa di stabilire, a seconda della dimensione demografica dei comuni, un limite ai mandati consecutivi dei sindaci, sempre che essa realizzi un equo contemperamento tra i diritti e i principi costituzionali che vengono in considerazione.
È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 196 , che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, proposte dalla Regione Liguria, nei confronti dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 7 del 2024, che ha modificato la disciplina recata dall’art. 51, secondo comma, del t.u. enti locali. Con tale disposizione, il legislatore ha previsto che per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non vi sia alcun limite ai mandati; che per i sindaci dei comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti il limite di mandati consecutivi sia pari a tre; che per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti resti fermo il limite di due mandati consecutivi.
La Regione Liguria riteneva che la nuova disciplina violasse diversi parametri costituzionali, risultando in particolare irragionevole la previsione di due o tre mandati consecutivi a seconda del dato dimensionale del comune: di qui la richiesta di estendere anche ai sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il limite di tre mandati consecutivi.
La Corte ha ribadito che la previsione del numero massimo dei mandati consecutivi è scelta normativa idonea a bilanciare l’elezione diretta del sindaco con l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali.